Buoni Pasto in Smart Working: Diritti, Normativa e Tassazione 2025

L’evoluzione dei buoni pasto in Italia

Introdotti negli anni ’70, i buoni pasto hanno assunto un ruolo strategico nel welfare aziendale, contribuendo al miglioramento delle abitudini alimentari, al sostegno del reddito dei lavoratori e allo sviluppo del settore della ristorazione. La loro diffusione ha permesso anche una gestione più flessibile ed economica della pausa pranzo per aziende pubbliche e private.

Con la crescente adozione dello smart working – accelerata dalla pandemia – è emerso il dibattito sul diritto ai buoni pasto per i lavoratori da remoto. Questo beneficio, infatti, rappresenta in media un valore equivalente a una mensilità aggiuntiva e, con l’aumento dei costi domestici legati al lavoro agile (energia, strumenti informatici, connettività), diventa sempre più rilevante garantire equità di trattamento tra lavoro in presenza e lavoro a distanza.

Buoni pasto e lavoro agile: cosa dice la normativa

Il riferimento normativo principale è l’articolo 4 del D.lgs. 122/2017, che equipara i buoni pasto al servizio sostitutivo di mensa. I buoni sono destinati a lavoratori subordinati, autonomi e collaboratori con contratti a progetto o occasionali. Il loro utilizzo è personale, non cedibile né convertibile in denaro, e può avvenire fino a un massimo di otto ticket per volta.

Nel contesto del lavoro agile, il D.lgs. 81/2017 sancisce la parità di trattamento retributivo e normativo rispetto ai colleghi in sede. Tuttavia, l’erogazione dei buoni pasto non è automatica: essa diventa obbligatoria solo se prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) come parte integrante della retribuzione.

Un importante passo avanti è stato il Protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato (7 dicembre 2021), che riconosce esplicitamente il diritto a ricevere i medesimi benefit, inclusi i buoni pasto, indipendentemente dal luogo di lavoro.

Contraddizioni normative sui buoni pasto in smart working: il nodo interpretativo

Il tema dei buoni pasto per chi lavora in smart working continua a generare incertezze, soprattutto a causa delle discrepanze tra normativa e interpretazioni giurisprudenziali. Da un lato, il D.lgs. 81/2017, che disciplina il lavoro agile, stabilisce il principio di parità tra lavoro in presenza e lavoro da remoto, riconoscendo pari diritti e trattamento ai dipendenti, indipendentemente dal luogo di svolgimento dell’attività lavorativa.

Dall’altro lato, il fatto che i buoni pasto non concorrano alla formazione del reddito da lavoro dipendente – come chiarito dall’Agenzia delle Entrate – ha aperto il campo a interpretazioni divergenti. In particolare, si discute se tale benefit, in quanto non retributivo ma legato all’organizzazione del lavoro, debba essere garantito anche in modalità agile.

Queste ambiguità normative sono emerse con forza durante i lockdown imposti dall’emergenza sanitaria, periodo in cui lo smart working è stato applicato in modo generalizzato anche nella Pubblica Amministrazione, facendo emergere dubbi sulla legittimità della mancata erogazione dei buoni pasto in contesti di lavoro agile obbligatorio.

I nodi normativi e giurisprudenziali: il caso del Tribunale di Venezia

Nonostante le previsioni normative, il diritto ai buoni pasto in smart working ha sollevato controversie giuridiche. Un caso emblematico è quello del Tribunale di Venezia, che ha respinto il ricorso della Funzione Pubblica CGIL contro il Comune di Venezia per la mancata erogazione dei buoni pasto durante il lockdown.

Secondo la sentenza:

  • Il lavoro agile imposto durante l’emergenza sanitaria non rientrava in una decisione discrezionale, dunque non richiedeva contrattazione sindacale.
  • I CCNL prevedono che il diritto al buono scatti solo in presenza di orari rigidi e pausa pranzo definita.
  • Il buono pasto non è parte della retribuzione ma un’agevolazione legata all’organizzazione dell’orario.

Questa interpretazione distingue chiaramente tra smart working (più flessibile e autodeterminato) e telelavoro (fisso e con orari prefissati), riconoscendo solo a quest’ultimo la maturazione automatica del diritto ai buoni pasto.

Situazione attuale e prospettive

Nel settore privato, l’erogazione dei buoni pasto in smart working dipende dagli accordi individuali firmati tra datore di lavoro e dipendente. Questi accordi devono essere comunicati telematicamente al Ministero del Lavoro e includere esplicitamente le condizioni di accesso al welfare aziendale.

Nel settore pubblico, la situazione è più articolata. L’erogazione dei buoni pasto è subordinata alla pianificazione dell’orario di lavoro e alla distinzione tra smart working e telelavoro. Le Pubbliche Amministrazioni stanno adottando i Piani Integrati di Attività e Organizzazione (PIAO), che includono la gestione del lavoro agile e le relative politiche di welfare.